martes, 19 de mayo de 2009

L’ABRUZZO, UN POPOLO DI VISIONARI E POETI

Presentato a Pescara un volume edito dall’associazione aquilana Lhasa per celebrare il suo decennale

di Goffredo Palmerini

PESCARA – Per quanto controllata l’emozione si palpava a piene mani, sabato scorso a Pescara, nell’auditorium del Museo delle Genti d’Abruzzo, ricolmo in ogni ordine di posti per la presentazione del volume “Un popolo di visionari e poeti - Storie di viaggiatori anomali dall’Abruzzo e dal Mondo”, la prima delle due pubblicazioni edite dal Laboratorio Autonomo di Studi Antropologici (Lhasa) dell’Aquila per celebrare il decennale di fondazione e di attività. In quarta di copertina la ragione del titolo, una frase di Pascal D’Angelo, figlio dell’emigrazione abruzzese, scrittore assai amato negli Stati Uniti: “Noi delle terre alte d’Abruzzo siamo ancora una razza differente. Gli abitanti delle pianure del Lazio e della Puglia, dove in inverno pascoliamo le nostre pecore, ci considerano un popolo di visionari e poeti. Noi crediamo nei sogni”. L’evento si sarebbe tenuto nella città capoluogo. Il terremoto l’ha spostato sulla costa, a Pescara, in una sala ariosa situata nel raccolto centro storico della città adriatica, a pochi passi dalla casa natale di Gabriele d’Annunzio. Tanti i pescaresi accorsi all’iniziativa, tantissimi gli aquilani dopo il sisma sfollati lungo la costa, sistemati in case ed alberghi fin quando le condizioni non consentiranno di rientrare all’Aquila. Sono venuti apposta, dai centri costieri e dalle tendopoli dell’Aquila, per assistere a questo evento culturale in cui si parla dell’Aquila, della loro città, vista con gli occhi curiosi di alcuni suoi figli o da viaggiatori straordinari, attraverso singolari testimonianze calate in un libro prezioso. Nel testo si scoprono alcune delle meraviglie dell’Abruzzo, si incontra gente saggia ed antica di questa terra anche quando, per diverse ragioni, da essa si è partita alla scoperta del mondo.
Tanta la commozione. Il pudore non riesce a velare gli occhi lucidi quando Paola Marchegiani, assessore alla Cultura del Comune di Pescara, emozionata rivolge il saluto della Municipalità alla città sorella, capoluogo di regione, tragicamente colpita dal terremoto del 6 aprile scorso.

Anche se i tempi che ora descrivono la città sono l’imperfetto (L’Aquila, era) ed il futuro (L’Aquila, sarà), veniamo al libro, all’immagine dell’Aquila, stupenda, che se ne trae. Per paradosso il presente, il tempo più facile da coniugare a scuola, al momento è il più maledettamente complicato, difficile e gravoso per la Città. Starà alla forza morale, alla dignità ed alla serietà degli aquilani buona parte del futuro dell’Aquila, insieme alla qualità della classe dirigente cittadina ed abruzzese. E sopra tutto al Governo e alle istituzioni nazionali se, come annunciato, manterranno gli impegni assunti verso la Città. Ma è un discorso che si farà in altra occasione, ora ci porterebbe lontano. Ora, per parlare del libro e dell’Aquila, facciamo conto che non sia accaduto ciò che è purtroppo accaduto. Laudomia Bonanni, scrittrice aquilana nell’olimpo della letteratura italiana del Novecento, iniziava così uno dei suoi brillanti elzeviri, pubblicato nel 1950 sul Giornale d’Italia: “In un salotto romano mi fu domandato una volta ove mai si trovasse L’Aquila, se giù giù, al sud estremo. Ma poco dopo un critico musicale, appena di ritorno dall’Aquila per un concerto (già: c’è una Società dei Concerti) si mostrava entusiasta della piccola città vista quel giorno la prima volta. L’Aquila piace ai poeti, agli artisti. Quello era rimasto incantato di tutto: della montagna, dell’architettura, della gente. ”

In quattro righe la Bonanni riesce ad esprimere da un lato come L’Aquila fosse sconosciuta, dall’altro a descrivere la meraviglia di chi la scopre come uno scrigno prezioso di bellezze. E’ passato mezzo secolo, da allora, tante cose sono cambiate per la città capoluogo d’Abruzzo. E tuttavia le sue infinite ricchezze artistiche, architettoniche, archeologiche ed ambientali, la sua storia, singolare sin dalla sua fondazione, la sua anima profonda, non sono ancora del tutto svelate e riservano ogni tanto sorprendenti scoperte. Vicende simili riguardano l’intero Abruzzo, spesso borghi sperduti in una regione dalla natura incantevole, selvaggia ed impervia che nei due secoli scorsi ha attratto l’interesse di viaggiatori italiani e stranieri, scrittori, poeti ed artisti - Lear, Gregorovius, Keppel Crafen, Howe, McDonell, Culthbert Hare, Berlioz, Savinio, Levi, Piovene, Bacchelli, Gadda, Pound, Pasolini e Alvaro, per citarne alcuni - che pagine stupende hanno vergato sulle meraviglie della nostra terra, sui tesori d’arte inaspettati, su tradizioni di grande suggestione.

Oggi l’Abruzzo sta diventando meta ricercata e preferita da un certo turismo europeo. Lo si sceglie come una volta la Toscana, per le sue valenze architettoniche, ambientali e gastronomiche, e fors’anche per quell’anima autentica che riesce ad esprimere. Ma c’è ancora tanto da scoprire. E’ proprio vero, le cose migliori non sono mai a portata di mano. Si debbono cercare, con la pazienza, la curiosità e l’umiltà tenace del viandante. E’ proprio quello che fanno da dieci anni i componenti del Lhasa (www.lhasa.it), esplorando con lo spirito più vero del viandante d’una volta, non distratto dall’effimero e non soggiogato dalle ansie frettolose del nostro tempo, il nostro Abruzzo. Con il medesimo spirito i suoi “esploratori” sono andati anche in giro per il mondo, in ogni continente, fuori dai circuiti confezionati dal turismo consumistico, a cercare genti, culture e civiltà per comprenderne l’anima, ascoltandone nel profondo le voci e le storie, a scoprire l’essenza d’un possibile nuovo umanesimo e d’una spiritualità sgombra da orpelli. Di queste esperienze, con passione certosina, negli anni si sono accumulate testimonianze che oggi vedono la luce in due preziose pubblicazioni, la più degna celebrazione per il decennale d’attività del Lhasa.

L’Abruzzo e L’Aquila non potranno mai essere a sufficienza grati per l’opera davvero notevole e preziosa che il Lhasa realizza con questi due volumi, illuminando d’una luce diversa la nostra terra, rivelandone aspetti, valori e singolarità finora distrattamente sorvolati, destando interessi nuovi e desideri di conoscenza. I due volumi, saggistico l’uno e narrativo l’altro, danno ampiamente conto d’un decennio d’attività con pagine di eccellente levatura culturale. Notevoli nell’illustrare l’Abruzzo visto con occhi più curiosi ed attenti, come nel raccontare il mondo visto con la stessa curiosità ed attenzione. Infine raccontando il valore della nostra gente, degli Abruzzesi illustri, nella nostra terra come in ogni angolo del mondo. Un’opera importante di documentazione e di arricchimento del patrimonio di conoscenza del valore degli Abruzzesi nel mondo, dei risultati conquistati in ogni campo, del prestigio acquisito e dell’onore reso alla terra d’origine ed all’Italia. Quanto mai utile e necessaria per ampliare nella comunità abruzzese la consapevolezza, non sempre adeguata, di quanto l’altro Abruzzo sia riuscito a realizzare nel mondo.
Parte dei significativi risultati dell’attività decennale dell’Associazione sono trasposti in questi due volumi, di grande valore per la cultura abruzzese, ma anche per una più diffusa conoscenza dell’Abruzzo, e della sua gente, dentro e fuori dei suoi confini. Costituiscono un’opera d’eccezionale qualità nell’illustrare le valenze della regione e della sua gente, a richiamarne i caratteri più singolari, in fondo contribuendo ad accrescere sensibilmente quel senso di comunità regionale, in patria ed all’estero, orgogliosa senza spocchia delle proprie “ricchezze”, cespite dalle enormi potenzialità sul quale costruire il futuro. Di esse ogni abruzzese può andar fiero, specialmente le comunità abruzzesi nel mondo che, in tale opera, possono ritrovarvi i migliori valori della propria identità.
Goffredo Palmerini

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